Dieci anni fa Giovanni Bonaiuti ha dedicato al tema addirittura un intero libro, ora per altro disponibile al download gratuito.
E da allora sono proliferati i tutorial a proposito delle relative App – come si dice adesso -, in inglese, ma anche in italiano.
Sto parlando dei video interattivi come risorsa didattica. La convinzione della loro utilità è sostanzialmente indiscussa, che li si coniughi con la flipped classroom, o (in modo decisamente più sensato) con la necessità di non ridurre l’erogazione emergenziale dell’istruzione a videoconferenze più o meno spacciate per lezioni.
E sono anche proliferati gli ambienti per annotare i video; a VideoAnt, infatti, si sono aggiunti EdPuzzle, Ted Ed, Vibby, Timelinely, Yinote e Islcollective Video Lessons. [Hai visto bene, non ci sono i link: se vuoi raggiungere i diversi accrocchi, basta che li cerci con un motore di ricerca, magari DuckDuckGo. Ma fai uno sforzo: vai avanti nella lettura prima di scatenare la tua caccia alla novità]. E probabilmente altri che non abbiamo elencato.
Sappi che ci sono soluzioni davvero varie, anche se tutti si fondano sull’inserimento dell’URL del video su cui si intende lavorare (qualcuno accetta solo quelli di YouTube, altri sono più ecumenici) e sulla sua riproduzione in streaming su un proprio player: sono quindi pienamente rispettosi del copyright.
Tutti permettono la condivisione con i destinatari finali del lavoro di un altro URL, che lo rende attivo e fruibile e i più raffinati forniscono anche un codice per l’incorporamento in una risorsa di rete autonoma.
Qualcuno, poi, integra questi elementi con l’organizzazione di una classe virtuale e l’assegnazione ai suoi componenti dei contenuti prodotti. E quindi permette, per esempio, il tracciamento delle risposte date dai singoli destinatari alle domande poste da chi ha realizzato il video interattivo.
Già, la sola forma di interazione davvero chiara è questa, in forma aperta e a scelta multipla. Come vedrai, non mancano il riordinamento di frasi o la ricerca di corrispondenze e così via. Il contenuto del video, insomma, è concepito come esposizione su cui condurre delle verifiche.
Ma ci sono anche altre modalità: chi interviene sul video originale può sempre scrivere testo, che in vari casi può anche contenere dei link attivabili; un ambiente consente pure l’inserimento di immagini e di registrazioni audio-visive originali, realizzate con microfono e webcam.
Quanto alla forma di erogazione del filmato, sono sostanzialmente previste due fattispecie: il flusso senza interruzioni, oppure l’arresto (automatico o per scelta del destinatario) in corrispondenza delle annotazioni.
Un ambiente dà la possibilità di isolare e proporre al destinatario segmenti selezionati da più video, un altro una struttura di lavoro fissa (dai prerequisiti per la fruizione, alla discussione, alle conclusioni) che l’autore degli interventi può riempire di contenuti e di stimoli.
Hai già abbandonato l’articolo per partire con la ricerca delle App? No? Benissimo. Prima di farlo, infatti, devi ancora riflettere su un aspetto dirimente: proprio la superficialità con cui ti ho descritto le varie possibilità operative (tipologia di contenuti, ma non di impieghi) testimonia chiaramente che manchiamo di una definizione autenticamente significativa e articolata del concetto di interattività con i video.
Non è un caso che i citati tutorial (lo potrai verificare tra poco) siano tutti orientati al funzionamento del meccanismo presentato: gli esempi sono per lo più prodotti privi di senso, realizzati in modo frettoloso e senza un qualsiasi filo logico che possa anche solo far supporre un’autentica efficacia didattica.
Diciamolo meglio: siamo privi di una visione condivisa dell’interattività di secondo livello. Perché quella del primo tipo la conosciamo e pratichiamo quotidiamente: è l’immersione individuale e collettiva nel flusso audio-visivo.
Qualche precedente, però, lo abbiamo vissuto.
La modalità cineforum prevede infatti l’emersione e il dibattito alla fine della proiezione; quella videoregistratore (ed eredi, fino alla LIM) a scuola la – ripetuta – messa in pausa da parte dell’insegnante e commenti, domande e stimoli in parte preparati in parte estemporanei (alzi il mouse chi ha fatto qualcosa del genere senza suscitare vivaci proteste!).
Cosa spiega questa carenza strutturale? Sul piano intellettuale, la possibilità di scomporre in modo puntuale ed eventualmente puntiforme un aggregato culturale nei fatti fruito e considerato come unico e indivisibile non ha ancora un riscontro consolidato e quindi non vi è un patrimonio a cui fare riferimento.
Anche se la gran parte delle operazioni che abbiamo elencato nei paragrafi precedenti sono tecnicamente dei collegamenti, dei link, infatti siamo di fronte a una situazione molto diversa da quella dell’ipertestualità, che si è rivelata invece fin da subito molto potente ed efficace, in termini sia sintattici sia semantici, in quanto arricchimento senza soluzione di continuità cognitiva e culturale di note, citazioni, indici e rimandi bibliografici, lascito che ha contribuito a rendere più chiaro il passaggio.
Insomma, anziché esporre gli allievi a patchwork controproducenti, noi adulti dobbiamo sperimentare, costruire e condividere in prima persona una cassetta di attrezzi interattivi dotati davvero di senso logico e significato formativo e quindi capaci di assegnare alla dimensione audiovisuale non una funzione dispensativa e banalizzante (il filmato – magari “pasticciato” con un po’ di legami associativi – che sostituisce il libro, il testo), ma il compito di aiutarci a cogliere, distinguere, rappresentare e apprezzare la complessità dei saperi.
[Ora (e solo ora) hai l’autorizzazione a cercare gli aggeggi citati].