Pubblicato su Apogeonline
martedì 29 gennaio 2002
Il 5 e il 6 febbraio, al Palazzo dei Congressi di Porte Maillot a Parigi, si
rinnoverà l’appuntamento con E-learn
expo, salone e convegno che chiama a riunione i più grandi attori
della formazione online, sia sul versante tecnologico sia educativo e manageriale.
La manifestazione parigina è probabilmente la più importante delle tre europee (le altre sono a Vienna e Amsterdam), mentre una terza avrà luogo a Hong Kong. L’anno scorso, per la prima edizione, si è segnalata una folta partecipazione al convegno di due giorni e quest’anno si dice gli iscritti saranno ancora di più (entrata gratuita, e pagamento di mille euro per i due giorni del convegno), con un sorprendente afflusso dei non addetti ai lavori.
C’è una storiella in cui un maggiore delle giubbe blu, preoccupato dell’andamento dell’inverno, mentre ordina di tagliare dieci sequoie, chiede al sergente di andare dallo stregone dei piedi neri, il cui villaggio si affaccia dall’altro lato della grande valle, per conoscere le previsioni del tempo di cui ha fama d’essere profondo intenditore. Una volta là, quello, scrutando attentamente l’orizzonte, sentenzia: “Augh! Domani farà freddo!”
Il sergente torna a riferire la risposta e il maggiore predispone per l’indomani il taglio di altri venti alberi, mentre chiede al sergente di tornare ancora dallo stregone. Il giorno dopo l’indiano gli risponde: “Augh! Domani farà freddo-freddo” e così il maggiore ordina un successivo taglio di cinquanta piante. E così via, fino a che, quando lo stregone gli risponde che il giorno dopo avrebbe fatto “freddo-freddo-freddo-freddo-freddo”, il sergente non ne poté più e gli chiese quale fosse il suo segreto, su cosa basasse la sua analisi. L’altro, scrutando l’orizzonte rispose: “Guarda, soldato, dall’altra parte della valle, quella da cui arriva il freddo, decine di visi pallidi hanno tagliato già gli alberi di mezza montagna e ne tagliano ancora più di ieri: per questo dovrà fare proprio un gran freddo”.
Sono tanti oggi quelli che, immersi in una profonda trasformazione dei valori, in particolare di quelli rivolti alla realizzazione di beni e servizi, ovverosia al lavoro e alle imprese, si aspettano dalle tecnologie la risposta che gli strumenti tradizionali hanno in parte tradito o eluso. Così, quanto più si compra, quanto più si estende l’onda lunga dell’e-learning, tanto più si investe e si corre ai ripari o ci si butta a pesce nel nuovo business del terziario avanzato. Guardando ciò che fanno gli altri sembra obbligatorio tagliare gli alberi vivi e spingere le caldaie al massimo.
Niente di strano quindi che l’IDC, il noto istituto di ricerca sui business delle nuove tecnologie, sia ottimista nell’accreditare uno sviluppo del mercato globale dell’e-learning aziendale di circa 23 miliardi di dollari entro il 2004, una crescita del 70% rispetto agli ultimi valori, quelli del 1999.
E si potrebbe andare avanti ancora a lungo su previsioni di questo tipo. Non tutti sono però altrettanto ottimisti, e così c’è chi per il 2002 prevede forti ridimensionamenti. C’è anche chi, come il sottoscritto, se li auspica, non tanto sui volumi, quanto sul fervore professionale. Il rischio di buttare in fiume il bambino con l’acqua sporca c’è qui come se non di più di quanto è avvenuto con la new economy. A finire nel fiume non rischia di esserci solo l’e-learning, ma la formazione in genere e, per contagio, tutti i servizi a valore aggiunto centrati sulla persona e sulla qualità della relazione verso i clienti esterni e verso gli interni. Se temiamo l’impatto della speculazione fine a se stessa, o se siamo di quelli che stavano pensando a chiudere le attività a breve sotto la pressione incombente degli statunitensi, possiamo tirare un respiro di sollievo, anche se non si può pensare di riposare sugli allori troppo a lungo. I cambiamenti sono già in atto e non sono da poco.
Due autorevoli osservatori del settore rilevano da almeno due rapporti a questa parte come l’e-learning abbia intrapreso una china con un fattore di discesa superiore a quello medio Nasdaq.
Il CUX Top Education Stock Tracker della Corporate University indica una discesa dell’indice di quasi il 30% dell’ultimo periodo, contro un 18% del Nasdaq.
L’indice dei servizi di Learnng U.S. Bancorp Piper Jaffray precisa invece che le imprese dell’e-learning scendono del 12%, mentre quelle che operano nelle infrastrutture di conoscenza stanno sul 16.6% e quelle educative tradizionali attorno al 3,4%.
C’è poi chi prevede che nel corso di quest’anno dalla buccia di banana di questo “Gorilla Warfare” spuntino i grandi mattatori a ridurre drasticamente i concorrenti in lizza. Almeno tre configurazioni possono essere candidate al grande gioco:
* Le grandi società di consulenza, prime fra tutte Accenture e PricewaterhouseCoopers
* I produttori di infrastrutture e software, come Oracle, Siebel e Microsoft
* Accanto ai giganti dell’offerta integrata, primi fra tutti Docent, Saba, NetG e SmartForce.
A confermare questi segnali, sono dell’ultima ora le notizie di grandi accorpamenti, il più importante dei quali è forse quello che ha visto SmartForce acquistare il leader della formazione sincrona, Centra, dietro il versamento di 284 milioni di dollari. Lo sforzo di queste imprese è volto a realizzare una forte massa critica, ma viene condotto proprio in un periodo che vede tutte queste grandi società assottigliarsi il capitale azionario in una prospettiva di riduzione degli introiti.
La presunta crisi dell’eLearning, seguirebbe la profonda messa in discussione di servizi Internet, primo dei quali il Customer Relationship Management (CRM) e poi l’eProcurement, accanto al Supply Chain Management.
Il dubbio che un mondo basato sull’automazione non possa finire per essere il nuovo scenario dei servizi è profondamente fondato e ci porta a tornare sui nostri passi per ridimensionare gli strumenti e le infrastrutture tecniche in favore della human governance, delle politiche e delle strategie, secondo un modello rinnovato e profondamente modificato rispetto a dieci anni fa (ma anche cinque o meno ancora).
Prepariamoci per Parigi e per le altre sedi di dibattito con lo spirito del laboratorio e della messa in discussione delle professionalità declinate ai fini strategici e culturali con l’aiuto delle tecnologie, ma bilanciate e misurate, situazione per situazione. In questo l’Europa ha una grande carta da giocare: integrare in maniera originale istanze di diversa origine in nuove sinergie in un mercato ancora lontanissimo da segnare un boom delle vendite e della condivisione degli strumenti. Forse, invece di soccombere all’importazione (com’è già in parte avvenuto in Scandinavia), potremo riscattare gli errori fatti in un modello continentale: il grande ibrido a misura di persona.
Pubblicato su martedì 29 gennaio 2002