Negli ultimi anni l’interesse per la formazione a distanza (FAD) si è notevolmente potenziato e si sono moltiplicati gli studi intorno agli standard comunicativi e tecnici, in modo particolare per quanto concerne la formazione professionale e universitaria. Il mondo della scuola è rimasto il più estraneo a questa ondata di entusiasmo, sia per i problemi gestionali e tecnico-organizzativi che la videoconferenza e la condivisione di risorse in rete comportano, sia per una sorta di reticenza, non sempre solo oscurantista, nei confronti del “nuovo” considerato quale valore aggiunto in sé. Le possibilità legate al superamento dei vincoli spaziali nella didattica risultano quanto mai generatrici di senso nelle situazioni in cui le distanze fisiche costituiscono ostacoli da rimuovere e, non a caso, le riflessioni sull’e-learning sono particolarmente diffuse, ad esempio, nel continente australiano – che è caratterizzato dall’apertura delle strutture universitarie a studenti che non sono madrelingua inglesi, come gli aborigeni – e nell’esperienza della “scuola in ospedale”. La domanda di fondo che riguarda l’universo scolastico è, ad oggi, aperta: l’e-learning può trasformarsi in una occasione anche nella didattica quotidiana, senza tendere per questo a diventare un modello unico e alternativo?
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