Pubblicato su ALCEI – Electronic Frontiers Italy
Il ruolo fondamentale nella scuola nel definire una cultura – soprattutto umana – nell’uso dei sistemi di informazione e comunicazione
Il tema che va genericamente sotto il nome di “opensource” o “software libero” non riguarda solo i sistemi operativi o i programmi software, ma più estesamente tutti i sistemi di gestione dell’informazione e della comunicazione.
Non si tratta solo del “codice sorgente” ma anche più in generale di trasparenza, compatibilità e libertà dell’informazione, del dialogo, della comunicazione in tutte le sue forme.
- Non si tratta di una semplice contrapposizione fra Windows e Linux. È vero che il monopolio Microsoft occupa oltre l’80 % del mercato mondiale e che l’alternativa più diffusamente disponibile (per quanto riguarda i sistemi operativi) è Linux. Ma al di là di questa specifica situazione è essenziale definire criteri generali e sostanziali che riguardino ogni genere di software, o soluzione tecnica, disponibile oggi o proponibile domani.
- È illusorio pensare che questo problema possa essere risolto dal “mercato”. I fatti dimostrano che il mercato è profondamente distorto e non è stato capace di sviluppare anticorpi efficaci. Perché il mercato possa funzionare in un regime di reale concorrenza occorrono interventi forti.Da parte delle autorità politiche, dei servizi pubblici e del mondo scientifico. Per la soluzione di questo problema non sono sufficienti le procedure antitrust in corso da anni negli Stati Uniti. A parte il fatto che finora non hanno ottenuto alcun risultato… anche se avessero un esito positivo risolverebbero solo in parte il problema.
- Non si tratta solo di un problema tecnico. Attraverso il monopolio dei sistemi operativi si può arrivare al controllo dei sistemi di rete e di conseguenza al controllo dell’informazione.Questa non è un’ipotesi ma un fatto concreto. Ed è esattamente ciò che il monopolista del software vuol fare (e anche altri che, con vari sistemi e metodi, cercano di “centralizzare” e dominare i sistemi di comunicazione). Finora (nel caso dell’internet) con successo solo parziale. Ma con la dichiarata intenzione di fare molto peggio.
>LI>Per esempio un “linguaggio” usato per la comunicazione in rete non è un sistema operativo. Non è, in senso stretto, un software. Non ha (o non sembra che abbia) problemi di “codice sorgente”. Ma anche questi sistemi, nati per essere totalmente aperti, trasparenti e compatibili, si stanno deformando. Per esempio se un singolo soggetto riesce a imporre un suo browser, un suo sistema di posta elettronica, eccetera, e a integrarli con il sistema operativo, acquista una indiscriminata e poco controllabile possibilità di “pilotare” i sistemi di comunicazione, e le attività di singole persone, imprese e organizzazioni, senza che queste se ne rendano conto. Senza entrare in dettagli tecnici, che sarebbero complessi, non è affatto esagerato dire che ci stiamo avvicinando al modello del “grande fratello” di Orwell.
- Dal punto di vista della privacy il problema non è meno grave. Un sistema operativo gremito di funzioni occulte, integrato con le applicazioni software e i sistemi di comunicazione, apre inaudite possibilità di invasione, controllo e manipolazione, che nessuno (neppure le autorità pubbliche) può controllare.
- Questo problema, per molti anni, è stato capito e dibattuto solo in un mondo relativamente ristretto di tecnici, accademici, “addetti ai lavori” – e da un numero abbastanza piccolo di persone attente agli aspetti culturali, sociali e civili.Da qualche anno se ne parla un po’ più diffusamente, ma secondo l’impostazione limitata di cui al punto 2: “competizione” fra due sistemi operativi. Solo recentemente ha cominciato a diffondersi una visione più sostanziale: cioè la necessità di usare soluzioni “aperte”, specialmente nei servizi pubblici. Un “movimento” diffuso in varie parti del mondo (dall’Europa all’America Latina) e che comincia ad arrivare anche all’attenzione dell’Unione Europea.
Vedi il documento online Libertà di software: un movimento mondiale? http://gandalf.it/mercante/merca59.htm
È significativo che in alcuni paesi (ma purtroppo non in Italia) il sistema scolastico – a tutti i livelli – sia il settore prioritario per cui si considera fondamentale l’uso di sistemi compatibili, aperti e trasparenti.
Il ruolo della scuola
Occorre, purtroppo, affrontare una realtà. La diffusione di sistemi “proprietari” e incompatibili (come Windows) è così estesa che non si può evitare di tenerne conto. Gli allievi si trovano e si troveranno, nella famiglia, nella vita di relazione e poi nel lavoro, a dover usare e capire le soluzioni software più abitualmente diffuse. Non è praticamente possibile insegnare solo l’uso di altre risorse. Ma ciò non significa che non sia opportuno, anzi necessario, dare una formazione aperta che comprenda chiare nozioni sulle esigenze e sul potenziale dei sistemi a di là di specifiche soluzioni tecniche.
Le possibilità sono molte. In sintesi, ecco alcuni criteri che spero possano essere praticamente utili.
Valori umani prima delle tecnologie
Ogni “alfabetizzazione” tecnica è secondaria rispetto alla comprensione culturale dei valori intrinseci offerti dalle risorse di formazione e di comunicazione. Le tecnologie sono e devono essere al servizio delle persone, della cultura e della società – mai viceversa.
Insegnare le funzionalità, non le funzioni
Anche nella specificità dell’insegnamento tecnico la didattica è troppo spesso basata su un insegnamento “a pappagallo” delle applicazioni senza capirne la natura e la funzionalità. Occorre rovesciare radicalmente questa prospettiva così che gli studenti comprendano i valori di funzionalità indipendentemente dalle logiche apparenti (spesso bizzarre) delle specifiche applicazioni – e così sappiano come adattarle alle proprie esigenze e come orientarsi quando avranno il desiderio, o la necessità, di usare soluzioni tecniche diverse[…]
Sintesi della relazione di Giancarlo Livraghi
gian@gandalf.it http://gandalf.it
presentata per ALCEI al convegno
AICA
Conoscere per Scegliere
promuovere una cultura del software
Milano, 18 aprile 2002
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