Alla fine di questa pestilenza, ci dicono, torneremo a fare le cose che facevamo prima; ma non sarà più come prima. Il lockdown ci sta insegnando infatti alcune cose molto preziose: prima tra tutti l’inutilità di correre tutti i giorni per piazzare la prole da qualche parte e andare al posto di lavoro, perché si può lavorare anche da casa. E poi… inutile andare alla posta perchè c’è l’app e pure andare dal medico per la solita ricetta perché lui o lei ce la possono mandare via email.
Si, perché, diciamocelo, da molti punti di vista la nostra vita “di prima” non era poi un granchè: in coda alla posta, in coda all’aeroporto, in coda al semaforo, in coda al museo, in coda al cinema, in coda per una qualche pratica, in coda alle biglietterie, in coda all’inaugurazione, in coda in pizzeria e dopo anche alla discoteca, Per non dire di quando stavamo tutti ammassati come sardine (nessuna allusione, solo uno stereotipo) nella metro, sui tram, al villaggio turistico, sulla spiaggia, in crociera, allo stadio, nel palazzetto, alla sagra dei peperoni, all’apericena, nella funivia, al concerto e in piazza per la movida.
Tutti sempre uno addosso all’altro e sempre in coda…davvero pronti per ammalarci tutti insieme! Nel mondo “di prima” prenotare una visita voleva dire aspettare ore in ambulatori strapieni di bacilli; così come prendere i mezzi pubblici, sozzi e affollati, era un sicuro rischio per la salute (oltre che per il borsello e accessori analoghi).
Viviamo in una (in)civiltà eticamente e – appunto – civilmente sottodimensionata: le politiche di austerity e di razionalizzazione erano state calibrate per farci stare sempre e solo in coda e ammassati gli uni sugli altri!
Eravamo abituati così e ci sembrava pure bello! Ma il disastro era inevitabile.
Quello che non abbiamo ancora il coraggio di ammettere è che siamo sempre stati dentro un mega allevamento di polli in batteria. Da sempre allevati a terra, ora siamo finiti in gabbia perchè ci siamo infettati uno con l’altro e possiamo continuare a farlo. Come se fossimo (stati) noi a pretendere posti stretti sull’aereo o, in generale, a desiderare ardentemente di stare quotidianamente ammassati per ore da qualche parte.
Contro le aspettative di molti, il telelavoro e la didattica a distanza hanno funzionato abbastanza bene, in qualche caso oltre le aspettative. La logistica ed il commercio elettronico vanno alla grande, le strade sono libere (a parte i rider privi di protezioni e diritti e qualche ostinato untore), le merci (comprese quelle della conoscenza) viaggiano, gli animali domestici spadroneggiano in città, fieramente esibiti come lasciapassare sociale. Per non dire dell’inquinamento, che non manca davvero a nessuno, nemmeno ai negazionisti più intolleranti e ai nostalgici del carbone e della torba nazionale.
Ma allora perché tutti i giorni saltavamo su un treno strapieno e maleodorante per andare a lavorare?
Uscire dall’allevamento in batteria potrebbe essere difficile: si dovrebbe andare ad abitare in una casetta economica, ma più accogliente, dotarsi di una buona connessione internet per poter lavorare a distanza e smetterla di fare il pendolare. Ma come faremo?
Davvero triste vedere elicotteri e droni dare la caccia (materiale, mediatica e puntualmente social) a chi cerca di raggiungere le seconde case per passare la quarantena isolato in mezzo alla natura, magari con un orto o un prato a disposizione. Ci vogliono in batteria, pronti per tornare in fila, quando sarà ora.
Ma davvero non vediamo l’ora di pestarci di nuovo i piedi su bus strapieni e treni puzzolenti? Davvero siamo così desiderosi di ammassarci da qualche parte per qualche evento? Siamo di nuovo pronti a stare in coda ore sotto il sole per vedere un’opera che è già su internet, oltre che su mille pubblicazioni tradizionali? Ci mancano così tanto gli aperitivi nei quartieri della movida frequentati da orde di alcol-dipendenti senza un domani? Quale insano piacere ci spingeva a girare ore senza trovare un parcheggio?
Ora, però, le misure di blocco delle attività professionali sembrano in grado di distruggere anche quelle persone che, coraggiosamente, non lavoravano in batteria: agricoltori, professionisti, artigiani, commercianti, piccoli imprenditori, albergatori, ristoratori. Senza queste persone e le loro attività il fallimento della comunità è garantito: a completare la pestilenza, la carestia, come nei migliori docufilm.
Ma per i giovani che sono oggi a scuola non ci saranno né pestilenza né carestia, sarà probabilmente solo rinascimento! Potrebbero sicuramente completare gli studi in qualsiasi università con corsi a distanza. Potrebbero – per loro fortuna – non trovare più posto nell’allevamento in batteria e doversi reinventare i mestieri in base a diverse scale di valori. Ma potranno lavorare anche da casa, vendere servizi, prodotti e idee attraverso internet, senza doversi per forza spostare di continuo. Se vorranno, invece, andare tutti i giorni in giro basteranno un furgone e una patente – neanche un diploma – per le consegne a domicilio.
Per chi ha ancora la terra o lavora nell’alimentare la vendita di prossimità rimarrà sicuramente fondamentale, ma il nuovo mercato saranno i marketplace su internet come Amazon ed eBay che stanno aiutando – più di qualsiasi governo e finanziamento – le piccole aziende e gli artigiani a sopravvivere. Con un posticino su eBay o su Amazon possiamo vendere qualsiasi cosa in tutto il mondo e, magari, rilanciare l’attività dei genitori o dei nonni senza chiuderla o svenderla.
A chi scegliesse lo sviluppo Software, l’APP Store e il Play Store consentono di vendere e distribuire APP con costi di esercizio minimi su un mercato mondiale. Può farlo chiunque perché non i nostri ragazzi? Per sviluppare siti internet e servizi web – neanche da dirlo – si lavora da sempre in rete. Le fatture sono elettroniche, la flat tax aiuta ad avviare una start-up meglio di un incubatore… insomma guadagnare onestamente liberi da vincoli e orari potrebbe essere davvero sorprendentemente facile e possibile.
Con Internet si possono aprire aziende individuali, fare i liberi professionisti o i dipendenti senza i costi e le scomodità della vita in batteria. La casa ereditata dai nonni, la seconda casa, magari lontana dalle città malate, sarà il posto perfetto per vivere, crescere una famiglia e lavorare in una nuova dimensione, lontana dai contagi, più vicina alla natura e al tempo stesso più tecnologica, più ecologica e più ricca di affetti famigliari. Anche nella provincia più lontana (dove le case costano poco) basterà avere una connessione internet e un fienile o una soffitta da dedicare a ufficio/studio/laboratorio/sala computer per iniziare una nuova attività, per lavorare a distanza o meglio ancora proseguire l’attività di famiglia.
Alla fine Internet ci ha già salvato.