Microsoft ha finalmente svelato la filosofia "Shared source". La voce circolava da tempo e se la maggior parte degli osservatori aspettava l’annuncio con diffidenza, non pochi avevano cominciato a chiedersi: la multinazionale si è forse dec
Microsoft ha finalmente svelato la filosofia "Shared source". La voce circolava da tempo e se la maggior parte degli osservatori aspettava l’annuncio con diffidenza, non pochi avevano cominciato a chiedersi: la multinazionale si è forse decisa a liberalizzare i propri codici? Il "monopolista di fatto" inizia a sentirsi incalzato, almeno in alcuni settori, come ad esempio quello dei server aziendali, dalla concorrenza ed è pronto a scendere a patti con un’ideologia, quella "open" e "free", che ha sempre avversato?
A chiarire in cosa consista la nuova strategia e in che cosa si distingua dall’Open source software (Oss) ci ha pensato Craig Mundie, vice presidente della società di Bill Gates. Si tratta, a suo dire, di "un approccio equilibrato che consente alle imprese di condividere il codice sorgente con i loro soci e clienti rispettando al tempo stesso i diritti di proprietà intellettuale".
Le affermazioni del manager deludono quanti speravano nella "conversione" di Microsoft e in un maggio rivoluzionario per il mondo del software e danno, invece, ragione a chi non aveva mai creduto all’ipotesi che la compagnia potesse aprire all’open source. "L’approccio equilibrato" proposto da casa Microsoft – consentire ai propri clienti lo sviluppo dei programmi – non chiude la battaglia – "politica" e culturale prima ancora che tecnica, economica e giuridica – col fronte antagonista dei fautori dell’apertura dei codici ma, al contrario, la riaccende.
Mundie, infatti, critica il modello di licenze sostenuto da molte organizzazioni pro open source, il Gpl o General public license; ribadisce il rifiuto verso un’innovazione senza tutela dei diritti di proprietà intellettuale e difende il Commercial software model come l’unico modello in grado di determinare una crescita economica reale in un settore che impiega 1,35 milioni di persone e produce 175 miliardi di dollari all’anno di utili in tutto il mondo.
Secondo l’esponente della società di Redmond, "le imprese e gli investitori hanno bisogno di modelli di business sostenibili a lungo termine" e la crisi dell’ultimo anno mostra che "un elemento comune alle aziende fallite è l’offerta gratuita dei loro prodotti".
La proposta di Microsoft è, pertanto, quella del modello commerciale, che poggia su cinque elementi: l’apporto di una comunità di sviluppatori, la promozione di standard, la ricerca del profitto, l’investimento nell’innovazione e la tutela della proprietà intellettuale.
La replica non si fa attendere e reca dieci firme: quelle di Bruce Perens, Richard Stallman, Eric Raymond, Linus Torvalds, Miguel de Icaza, Larry Wall, Guido van Rossum, Tim O’Reilly, Bob Young e Larry Augustin.
Chi sono costoro? Forse alcuni di questi nomi sono poco noti al grande pubblico ma appartengono tutti a personaggi divenuti ormai di culto per i professionisti e gli appassionati di informatica che credono nella necessità della trasparenza dei codici sorgente. Ora questi personaggi hanno deciso di fare gruppo.
"Il sistema Shared source potrebbe essere riassunto" – dicono – "come Guarda ma non toccare – e noi controlliamo tutto". L’accostamento al naufragio delle dotcom e l’idea che il modello "free" sia fallimentare dal punto di vista del mercato vengono respinti: "Free" – affermano – "si riferisce alla libertà e non alla gratuità" (la lingua inglese usa la stessa parola per gli aggettivi "libero" e "gratuito"). Essi rivendicano il fatto che "il modello di mercato dell’Open source consiste nel ridurre i costi di sviluppo e manutenzione del software, distribuendoli fra molti collaboratori". "Un’intera industria è stata costruita attorno al Free software" – proseguono – "ed essa sta crescendo rapidamente nonostante le sfavorevoli condizioni del mercato. Il successo di case produttrici quali Red Hat, e i benefici a vendor quali Dell e Ibm, dimostrano che il Free software è tutt’altro che incompatibile con il business".
Quanto alla licenza Gpl, viene specificato che "essa non implica, come Microsoft sostiene, che un’azienda che usa questi programmi sia legalmente costretta a ‘liberalizzare’ tutto il suo software". Infatti, "i requisiti legali della Gpl si applicano solo ai programmi che incorporano codice protetto dalla Gpl – non ad altri programmi sullo stesso sistema". Insomma, concludono: "se scegliete di incorporare del codice Gpl in un programma, vi sarà obbligatorio rendere l’intero programma Free software. Questo è un onesto scambio fra il nostro codice ed il vostro".Pubblicato su: