Perchè Linux Debian in una scuola elementare?

Colpa mia! Per prima cosa devo precisare che nella scuola elementare dove lavoro come insegnante (Scuola elementare statale Sangone di Nichelino) sono l’unico insegnante che ha deciso di occuparsi di Linux. Anzi, la maggioranza dei miei colleghi/e non sa neppure bene di che cosa si tratta. Il fatto di essere solo io ad occuparmi di questo S.O. giustifica già in parte il fatto di aver scelto Debian.

Colpa mia! Per prima cosa devo precisare che nella scuola elementare dove lavoro come insegnante (Scuola elementare statale Sangone di Nichelino) sono l’unico insegnante che ha deciso di occuparsi di Linux. Anzi, la maggioranza dei miei colleghi/e non sa neppure bene di che cosa si tratta. Il fatto di essere solo io ad occuparmi di questo S.O. giustifica già in parte il fatto di aver scelto Debian.

Avevo incominciato ad occuparmi di Linux nel 1996, affascinato dalla possibilità di poter usufruire di un sistema operativo del tutto gratuito da poter adoperare all’interno delle varie scuole. Era il mio sogno: installare Linux in tutte le scuole! Non più macchine da buttare ogni quattro anni, sistemi operativi super affamati di risorse, logiche commerciali brute a cui dover sottostare…

Nella scuola elmentare dove lavoravo qualche anno or sono un istituto bancario aveva regalato una decina di computer obsoleti, ma senza sistema operativo. Allora non avevamo nessun tipo di finanziamento per comprare macchine migliori (non erano ancora i tempi dei finanziamenti 1A, 1B, etc.), e non avevamo neppure i fondi necessari ad acquistare delle licenze per i sistemi operativi (peraltro quelli in commercio non sarebbero stati adatti su macchine così datate…). Avevo poi parzialmente risolto il problema con il FreeDos, ma allora non era certo allo stato di sviluppo della versione attuale. Inoltre l’ambiente Dos mancava di moltissime delle caratteristiche che avrebbero potuto essere utili nella didattica (supporto di rete, ecc.). Gestivo il laboratorio utilizzando come programmi il BWBasic, l’Ubasic e il Logo della Harvard University. Come si può indovinare il laboratorio era quasi totalmente incentrato sulla programmazione. I bambini si divertivano moltissimo e imparavano diverse strategie logiche per riuscire a far fare al computer qualcosa che avevano deciso loro. Tuttora la mia idea di informatica educativa non si discosta molto da quella prima esperienza. Ogni tanto proponevo anche dei giochi, in genere tutti quanti scritti in Basic, per poter poi, dopo aver giocato, andare a dare un’occhiata al codice. Ma, come dicevo, il Dos, per molti aspetti, offriva pochi sviluppi.

Ecco che iniziai ad interessarmi, quindi, a Linux. Iniziai ad installare una Linux Slackware 3.0 su un 386 con 8 mega di ram. Ricordo ancora il primo libro di Linux che avevo acquistato: “I segreti di Linux” di Naba Barkakati, 760 pagine di manuale!!! (spesso lo uso ancora). I risultati erano per me già allora incredibili: guardavo moltissimo alla sostanza dei processi e non a tutti gli effetti speciali della multimedialità, che nel frattempo notavo che stavano oramai prendendo le redini di tutto il discorso educativo informatico.

Ero poi passato alla Slackware 3.5 su un 486 e qui il salto di qualità fu abissale! Mi viene da sorridere a pensare che ora in commercio esistono dei computer con 2 Gigahertz di velocità di microprocessore! Quante cose riuscivo a fare con un 486! Con Xfree riuscivo a far girare Gimp, Siag Office, programmi di musica, etc. E tutto con solo 24 mega di ram!

Devo dire che la Slackware era (e, forse, continua ad essere) la mia distribuzione preferita. La sua unica pecca è quella di non possedere un sistema di installazione dei programmi che controlli in modo automatico e semplice la gestione delle dipendenze. Inoltre non sono mai riuscito a capire bene se è una distribuzione completamente free: non so se gli script di installazione di Patrick Volkerding (unico manutentore della Slackware) sono totalmente rilasciati sotto la GNU (anche se mi pare di si).

Comunque sia, all’incirca nel ’99 sono passato alla Debian. La sua natura totalmente free non lasciava scampo: era per me l’unica scelta concepibile in un contesto didattico, all’interno del quale credo fermamente che non debba trovare posto nessun tipo di logica commerciale. Non ho mai neppure provato ad interessarmi a distribuzioni commerciali (Red Hat, Suse, Caldera, ecc.).

Essendo quindi la scelta della distribuzione da utilizzare all’interno della mia scuola a mia totale discrezione, dopo aver chiesto al Direttore del mio istituto (dott. Sergio Arduino) che condivide le mie idee sul software Open Source il permesso di installare Linux sui computer scolastici, (naturalmente senza danneggiare le installazioni Windows) non ho esistato un istante: dovevo installare Debian! Ho quindi interpellato il dott. Mario Scovazzi del CSP, che mi ha procurato una distribuzione Debian 3.0 completa in tempi davvero brevissimi (sono ben 7 CD, non sarei mai riuscito a scaricarli da casa). E a quel punto ho iniziato le installazioni.
Si è rivelata una buona scelta, per molte ragioni che proverò a descrivere.

Ho trovato un sito americano che sembra condividere pienamente le mie idee sul software libero e quindi fornisco di seguito la traduzione. Il sito si chiama “ABOUT DEBIAN – The Pure Linux”; già questo titolo rende bene l’idea di fondo. E’ un sito interessante che ci tengo a segnalare:

http://www.aboutdebian.com/index.htm

Possedete un vecchio computer che sta prendendo polvere? Trasformatelo in un server Linux! E’ una cosa semplice. Basta seguire le nostre pagine guida e verrete condotti attraverso l’installazione del sistema operativo Debian Linux e la configurazione di un network con i più comuni tipi di server Internet e LAN. Avrete la possibilità di imparare diverse cose in merito ai sistemi operativi, sul networking e su Internet, e durante questo percorso vi potrete anche divertire. Persino se non avete mai lavorato prima con Linux, sarete in grado di usare le nostre pagine guida per passare in poco tempo da “zero” ad “amministratore di sistema”.

Perchè non Red Hat?

Red Hat è in una posizione spiacevole. Molti dei loro guadagni sono basati sulla vendita, sul supporto e sulla formazione mentre la natura aperta di Linux ha come risultato migliaia di risorse liberamente disponibili sul Web. La reale sopravvivenza di Red Hat dipende dall’avere un prodotto che è abbastanza proprietario per rendervi dipendenti da loro per upgrade e supporti. E ora che è una compagnia quotata in borsa è sotto pressione per incontrare le aspettative degli analisti di Wall Street per la crescita dei profitti. (Credete sia una coincidenza che sventolino una nuova versione ad una media di due all’anno?). In breve: la dominanza di Red Hat ucciderà le più piccole distribuzioni commerciali (Caldera, Mandrake, Suse, etc.) e trattare con Red Hat non sarà per nulla diverso che trattare con Microsoft.

Perchè Debian ?

Debian è una distribuzione che è sviluppata da centinaia di sviluppatori volontari di tutto il mondo. Contrariamente ad un comune pregiudizio, Debian non è adatta solamente a guru Linux. Come potrete vedere nelle pagine di questa guida, è facile da utilizzare come qualsiasi altra distribuzione. Qui di seguito vengono elencati solo alcuni dei suoi vantaggi:
Pacchetti di amministrazione totalmente integrati e “seamless” rendono semplice il mantenere il sistema aggiornato e libero da file orfani e da prodotti incompatibili. Un solo comando può aggiornare l’intero sistema (sistema operativo e pacchetti installati) attraverso Internet.
Nella distribuzione ufficiale Debian è permesso includere solamente pacchetti con software libero (applicazioni, utility, etc.), e la distribuzione di eseguibili attuale è distribuita in sette CD perché sono presenti più di 8700 programmi.
Un notevole supporto è disponibile attraverso una comunità di mailing list e chat rooms. Le risposte ai messaggi possono addirittura arrivare da coloro che hanno collaborato allo sviluppo del prodotto. E poiché non sarete certamente i primi ad avere incontrato un determinato problema, esistono anche archivi di liste di messaggi consultabili. Non preoccupatevi se la vostra compagnia richiede contratti di supporto commerciali, non preoccupatevi. Numerosi operatori a pagamento offrono diverse opzioni di supporto tecnico.
Le prestazioni di Debian sono eccellenti anche con attrezzature hardware modeste per cui Linux è famoso. Mentre molti sistemi operativi richiedono attrezzature hardware sempre più nuove, più veloci, più grandi, Debian vi permette di utilizzare anche vecchi sistemi Pentium anziché gettarli nella spazzatura. Questo, unitamente al fatto di poter caricare una singola copia di Debian su tutti i sistemi che si vuole, significa che è possibile configurare un completissimo sistema aziendale ad un costo davvero molto basso.
La forte attenzione verso la stabilità e la sicurezza risultano in server che potreste dover far ripartire una volta all’anno, piuttosto che una volta al mese.
Le nuove versioni di Debian vengono rilasciate solo quando grandi cambiamenti le giustificano, non per generare guadagni dagli upgrade.
Perché non Debian ? Se siete i tipi a cui piace basare le proprie operazioni su ferite sanguinanti, Debian non è per voi. Lo sforzo di Debian teso alla realizzazione di un sistema operativo stabile, affidabile e multipiattaforma, significa che non sarà mai il “primo del mercato” con nuovi campanelli e fischietti: questi verranno inclusi nelle nuove releases solamente quando i bug saranno scoperti e corretti.

Bene. Mi sembra tutto molto chiaro, molto di più di quanto non avrei saputo chiarire io. Tutti questi aspetti li condivido pienamente e li anche sperimentati in prima persona. Su certe distribuzioni non riesco a superare una naturale diffidenza: Mandrake, che dovrebbe essere libera, su un 486 non si lascia installare, e inoltre è una distribuzione che rilascia in tempi brevissimi qualsiasi nuovo software che esce sul mercato, senza aspettare release più stabili. Una distribuzione del genere, per sua natura, non mi pare affidabile. Inoltre il fatto che sia presente, a fianco di una distribuzione libera, una versione commerciale, non mi rende chiaro quale sarà il futuro di questa distribuzione.

Ho ancora il mio 486, in rete con un Pentium. Sul 486 avevo installato una Debian Potato 2.2 r.6, e non pensavo di passare alla 3.0 (Woody) perché temevo essere troppo “pesante” per il mio datato pc. Ebbene, ho fatto la prova e ho installato la 3.0 sul mio 486: gira perfettamente e non posso dire di accorgermi di maggior lentezza rispetto alla versione 2.2. Forse solamente il nuovo Xfree è un pochino più lento a partire. Tutto questo per me è una garanzia enorme, perché significa non sprecare risorse; qui sono implicati tutta una serie di discorsi: ecologici, economici, politici, etc.

Non voglio dimenticare di citare i due progetti interni allo sviluppo Debian: Debian Junior e Debian Educational, che si preoccupano di raccogliere, migliorare e monitorare software adatto per uso didattico o ludico per ragazzi e bambini. Sono ancora in via di sviluppo, ma promettono molto bene.

Ancora qualche considerazione. L’Open Source deve essere una scelta imprescindibile in un contesto educativo e didattico. Sia in termini economici, sia in termini di correttezza scientifica. Uno dei parametri fondanti della ricerca scientifica è proprio quello della massima pubblicizzazione dei procedimenti della ricerca, per rendere possibile la ripetibilità ed il controllo dei risultati ottenuti. Solo in questo contesto è possibile una ricerca produttiva, il confronto e il miglioramento costante dei prodotti disponibili. Francis Bacon riferendosi a Galileo scriveva: “…onestamente e in modo perspicuo uomini di tal genere hanno dato conto via via del modo in cui ad essi risulta ogni singolo punto della loro ricerca.” (Bacon, 1887-92: Works, a cura di R.L. Ellis, J. Spedding, D.D. Heath, London, Vol. III, p. 736). Non sembra un manifesto dell’Open Source?

Oltre al discorso di correttezza scientifica non si può dimenticare il versante più propriamente sociale-politico: le mutazioni tecnologiche stanno condizionando sempre di più la nostra vita e bisogna in qualche modo riuscirea a prevedere le loro evoluzioni e fare delle scelte di campo per controllare questo sviluppo..

Credo esemplare, in questo senso, il contributo che ci può venire dal filosofo francese Pierre Lévi. Dal suo testo “L’intelligenza collettiva” leggo solo pochi passi: “La realizzazione della connessione telefonica dei terminali e delle memorie informatiche, l’estensione delle reti di trasmissione digitale ampliano, giorno dopo giorno, un cyberspazio mondiale, nel quale ciascun elemento d’informazione si trova virtualmente in contatto con qualunque altro e con tutto l’insieme. Queste tendenze fondamentali, già in atto da più di venticinque anni, produrranno, nei prossimi decenni, i loro effetti in misura via via crescente. L’evoluzione in corso converge verso la costituzione di un nuovo ambito di comunicazione, di pensiero e di lavoro per le società umane.” (Pierre Lévi, L’intelligenza collettiva, p.14, Feltrinelli, 2002; il corsivo è dell’autore). Si sta modificando la struttura dell’intelligenza umana; non tanto a livello del singolo, ma a livello sociale. Ecco che Lévi parla proprio di “intelligenza collettiva”, dove gli strumenti della comunicazione informatica assumono un ruolo fondamentale. E’ possibile ipotizzare, in quest’ottica, che proprio questi strumenti della comunicazione e del sapere che diventano parte integrante della nuova dimensione dell’intelligenza umana possano non essere scientificamente controllati e. quindi, resi pubblici nel loro sviluppo? E’ possibile pensare che vengano veicolati da un’unica softwarehouse?

Ancora: “Le tecnologie intellettuali non occupano un settore qualsiasi della mutazione antropologica contemporanea, esse ne sono potenzialmente la zona critica, il luogo politico. C’è bisogno di sottolinearlo? Non si reinventeranno gli strumenti della comunicazione e del pensiero collettivo senza reinventare la democrazia, una democrazia distribuita ovunque, attiva, molecolare. In questo momento di capovolgimento e di problematici effetti retroattivi, l’umanità potrebbe riappropriarsi del suo divenire. Non affidando il proprio destino a qualche meccanismo che si presume intelligente, ma producendo sistematicamente gli strumenti che le consentano di costituirsi in collettivi intelligenti, in grado di orientarsi nelle acque tempestose della mutazione.” (Pierre Lévi, L’intelligenza collettiva, p.18, Feltrinelli, 2002).
Non credo che occorrano molte parole per sottolineare quanto il discorso di Open Source possa entrare di diritto a far parte degli aspetti della problematica esaminata da Lévi.

Bene. Credo di aver finito. Per ora il sistema Debian è installato solamente su due Pc del laboratorio della mia scuola e sto appena incominciando ad usarlo con i bambini. Ma spero in sviluppi interessanti….

P.S. Questo documento è stato scritto con Abiword su Linux!!!