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Disney, la lunga favola senza lieto fine

Nemmeno i giochi finanziari delle grandi acquisizioni, nemmeno la rivolta degli azionisti della Disney e il crollo delle azioni, nemmeno le indecisioni della Comcast riusciranno a modificare il vero valore della multinazionale di Topolino.

Un valore intrinseco e per molti versi nascosto: non si può calcolare in dollari (di cui oggi ne vale 54 miliardi) ma nelle sue pellicole e nei piccoli eroi di cartone ancor oggi cari ai bambini di tutto il mondo. In quella magia che cominciò quando Walt Disney, all’alba del 15 dicembre del 1901, era venuto al mondo nella casa di Elias Disney e Flora Call.

I suoi genitori si erano sposati il primo gennaio del 1888 e nel giro di cinque anni avevano messo al mondo tre figli maschi: Herbert, a nove mesi esatti dalle nozze, Raymond e poi Roy, nel 1893.

Qualche anno dopo la famigliola si era trasferita a Chicago, dove il padre si sarebbe guadagnato da vivere come falegname, mettendo al mondo un altro figlio, Walter Elias, e dandogli il nome del pastore della chiesa protestante che i Disney frequentavano ogni domenica, nel ritmo tranquillo di una famiglia americana come tante.
Ma quel quartiere di Chicago, in odore di mafia, era diventato pericoloso e cinque anni dopo i Disney si erano trasferiti in una fattoria di Merceline, Missouri: uno dei 5.000 paesini sorti di corsa lungo la ferrovia che da Topeka portava a Santa Fe.

Walt non si sarebbe mai dimenticato di quella villetta tipicamente americana, con la staccionata bianca e i grandi alberi pieni di mele. Ne trasse ispirazione per il mondo magico e nostalgico dei suoi cartoni animati, come il villaggio dei tre porcellini (che nel 1933 vinse l’Oscar per il miglior cartoon) che vivevano, come milioni di americani, nelle case di cartone della Grande depressione.

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Pubblicato su La repubblicaPubblicato su: La repubblica
lunedì 22 marzo 2004

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