Rheingold per primo aveva notato in Comunità virtuali che Internet è un forum multiculturale, anzi, «l’unico forum multiculturale che si rispetti».
Internet è nata e si è sviluppata negli Stati Uniti, in un ambito tecnologico tuttora dominato dall
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Rheingold per primo aveva notato in Comunità virtuali che Internet è un forum multiculturale, anzi, «l’unico forum multiculturale che si rispetti» (si veda anche la recensione del suo libro su Dschola).
Internet è nata e si è sviluppata negli Stati Uniti, in un ambito tecnologico tuttora dominato dalla lingua inglese. Negli ultimi anni, però, la Rete si è arricchita sempre di più di altre culture, diventando un vero e proprio melting pot in cui è iniziato un processo di fusione di lingue molto diverse tra loro. Da questo grande calderone digitale sta uscendo uno slang che può essere scritto e compreso da tutti i navigatori senza grosse difficoltà.
La linguista Naomi S. Baron, che ha studiato in particolare la posta elettronica, ha individuato e descritto i fenomeni di contaminazione dell’inglese. Questa studiosa ha innanzitutto osservato che l’inglese oggi è costituito da molte anime, delle quali una delle principali, l’americano, ha sempre rifiutato ogni standardizzazione e qualsiasi regolamentazione prescrittiva, preferendo accettare tutte le diverse forme locali da cui è composto. Inoltre, sia il “british english” sia il “general american” sono da tempo assediati da una comunità di circa un miliardo di persone che parlano qualche forma di inglese in moltissimi paesi, come in quelli dell’ex impero britannico o come, più di recente, in Cina, dove c’è bisogno di una lingua semplice da usare per i contatti internazionali.
La email, dove gli accenti non si sentono, costituisce un buon terreno per queste contaminazioni, un luogo dove «No one knows you’re from Brooklin», come scrive Baron parafrasando la celebre vignetta con i due cani pubblicata sul New Yorker nel 1993.
Si usa il termine pidgin quando gruppi di persone con differenti retroterra linguistici entrano improvvisamente in contatto e iniziano a utilizzare un linguaggio contaminato e semplificato, che non è la madre lingua per nessuno di loro. Quando il pidgin, con il tempo, diventato più elaborato e più stabile, viene utilizzato diffusamente come un linguaggio nativo, si parla di creolizzazione.
Il linguaggio delle email, sempre in equilibrio tra la forma parlata e la forma scritta, ha sviluppato uno stile comune, chiamato e-style, e secondo Baron si caratterizza ormai come un “electronic language” che ha tutte le caratteristiche di una lingua creata per contatto, dall’incontro tra culture diverse, come un pidgin.
Resta da capire come si evolverà in futuro il linguaggio elettronico. Questa linguista conclude che nel breve termine la email manterrà le sue carattistiche di lingua autonoma, soprattutto negli Stati Uniti, proprio per l’assenza di qualsiasi prescrittività nella definizione dell’inglese americano. Nel lungo periodo, invece, l’e-style potrebbe conformarsi maggiormente alla lingua tradizionale, parlata e scritta, oppure potrebbe essere quest’ultima, la lingua più tradizionale, a incorporare alcune caratteristiche dell’e-style, chiudendo il ciclo della contaminazione.
Oltre alle parti dedicate alle email e agli ultimi sviluppi dell’inglese, il saggio di Baron traccia una storia molto completa e interessante di questa lingua, dalla nascita dell’alfabeto in poi.