Due riflessioni sulle trasformazioni che i documenti e le fonti stanno attraversando con la diffusione di Internet, utili non solo agli esperti di filologia o agli storici.
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Due riflessioni sulle trasformazioni che i documenti e le fonti stanno attraversando con la diffusione di Internet, utili non solo agli esperti di filologia o agli storici.
Domenico Fiormonte, docente di informatica umanistica e di informatica applicata al testo letterario, nelle Università di Roma, segue Internet da anni e ha già scritto in particolare sulle trasformazioni che il digitale induce sulla scrittura, con il Manuale di scrittura, suo e di Ferdinanda Cremascoli (Bollati Boringhieri, 1998).
Qui approfondisce il discorso, con una riflessione sul concetto di testo. Il documento, ormai elettronico, è svincolato dal suo supporto e quindi dinamico, in continuo mutamento. La filologia deve perciò aggiornarsi in modo radicale se non vuole diventare una disciplina rivolta tutta e solo al passato.
Il capitolo iniziale del saggio, dedicato alle teorie della comunicazione, è forse un po’ pesante per chi non è esperto di questo settore, ma il resto del libro segue un tagli didattico e scorrevole. Dopo una storia della scrittura elettronica e un rapido esame delle scritture on line, dove Fiormonte riprende in particolare i lavori di Naomi S. Baron, si passa alla filologia, con il concetto di testo digitale e con l’analisi di quali studi possano essere condotti oggi sulle varianti di un’opera.
L’ultimo capitolo racconta l’esperienza del sito dedicato al libro, Varianti digitali, che è in parte uno strumento didattico e in parte una proposta per i filologi, con l’analisi dei lavori di dieci autori contemporanei. Cinzia Pusceddu, infine, scheda gli strumenti informatici e le risorse on line per la filologia.
Nel complesso, si tratta di un testo coinvolgente, in equilibrio tra il saggio, il manuale divulgativo e la narrazione, e che è leggibile sia da tutti i cultori o i curiosi della nascente informatica umanistica, sia da chi vuole capire meglio in quale direzione stia andando la natura dei documenti in Rete.
Stefano Vitali riflette invece su che come siano oggi, in un mondo digitale, le fonti della ricerca storica. Per quanto l’orizzonte di questo testo sia molto diverso da quello di Fiormonte, molte riflessioni di questo archivista sono molto simili a quelle del filologo. Stupiscono le stime della quantità di documentazione prodotta, pari a uno o due exabyte ogni anno, cioè tra uno e due miliardi di miliardi di byte, o 250 megabyte per ciascun abitante della terra. Eppure, viviamo in un mondo dove i documenti, proprio perché digitali, oltre che immateriali e dinamici sono molto fragili, e hanno bisogno di politiche attive volte alla loro conservazione.
Il testo vale la pena di una lettura anche solo per le sue considerazioni sulla valutazione e sull’attendibilità dei documenti on line.