Le specifiche iniziali dell’HTML prevedevano una regola molto innovativa per gli informatici del tempo: un tag errato o non riconosciuto viene semplicemente ignorato senza provocare fastidiosi messaggi di errore. Con questa regola si consentiva il libero sviluppo di nuove caratteristiche lasciando, comunque, il testo della pagina sempre leggibile e quindi accessibile (utilizzabile cioè da dispositivi per la lettura assistita come sintetizzatori vocali e barre braile).
Negli anni 2000, però, il proliferare di siti web realizzati totalmente in grafica photoshop o animazioni flash, che non contenevano niente di leggibile, ha portato alla necessaria definizione di un insieme di regole per un uso più restrittivo dell’HTML e alla introduzione dei concetti di usabilità e accessibilità delle pagine web.
Nel 2004 arriva in Italia la legge per tutelare il diritto d’accesso delle persone diversamente abili ai servizi informatici e telematici della Pubblica Amministrazione, la cosiddetta “Legge Stanca”. Chi sviluppa siti web si deve ora confrontare con i 22 requisiti previsti dalla legge (DM 8 luglio 2005) e con severissimi validatori automatici che controllano il codice presente nelle pagine web.
La lodevole iniziativa viene però cavalcata, come spesso succede nell’informatica, da estremisti della programmazione che si autoimpongono anche a livello di W3C ((l’ente mondiale che governa lo sviluppo degli standard del web) regole estremamente restrittive e rigide per la scrittura del codice HTML disincentivando qualsiasi tipo di contenuto multimediale (il nemico principale è Flash ma anche il browser di Microsoft – ci vuole sempre un nemico). Il linguaggio scelto per questa operazione è principalmente l’XHTML che associa alcune proprietà dell’XML con le caratteristiche dell’HTML realizzando un ambiente dalla sintassi molto restrittiva che metterà in difficoltà non pochi webmaster.
Ma, la visione del web accessibile che privilegiava esclusivamente il contenuto testuale e l’inutile ortodossia del linguaggio di programmazione si è scontrata, in questi anni, con i servizi ad altissima vocazione multimediale come You Tube che, nello stesso periodo, hanno conquistato il mondo con la loro inarrestabile crescita. Così, mentre i browser rimanevano di bocca buona masticando qualsiasi tipo di tag conosciuto e sconosciuto senza grossi problemi il web ha rilanciato Flash e la sua capacità di veicolare video, videoconferenze e contenuti in alta definizione.
Ora lo stesso W3C ha cambiato rotta abbandonando l’XHTML e sviluppando il nuovo HTML 5 con una profonda vocazione multimediale e interattiva, integrando all’interno di ogni browser moltissime delle capacità multimediali che, fino ad oggi, solo strumenti esterni come Java o Flash potevano offrire.
Il web cambia di continuo e, per fortuna, ora avremo a disposizione siti sempre più ricchi da usare su pc, tablet e smartphone. Un nuovo rinascimento multimediale che non andrà necessariamente a scapito dell’accessibilità.
L’inutile rigore dell’XHTML e il clima di caccia alle streghe per i contenuti multimediali (combinazione proprio quelli che alle scuole riescono meglio!) sarà solo un brutto ricordo del passato. Il linguaggio XHTML, comunque, non è del tutto defunto ed è ora alla base del nuovo formato ePub per il libri digitali, un ruolo che gli è sicuramente più congeniale.
Ora anche le regole per l’accessibilità dei siti web dovrebbero essere riscritte e aggiornate al nuovo standard del web, magari con più sostanza e meno rigore formale… ma probabilmente ciò non accadrà mai.
Gentile Dario, mi permetto di far notare che questo post contiene alcune imprecisioni che non giovano alla corretta interpretazione del tema dell’accessibilità del web.
Inizio dal titolo dove l’accessibilità è definita una moda.
Sebbene possa capire che il titolo è volutamente provocatorio mi sembra però un po’ irriverente nei confronti di chi ha davvero problemi a fruire del web con i normali dispositivi dei quali invece ci avvaliamo tutti noi “normodotati”.
Il “tag soup”, a dire il vero, non è una “regola molto innovativa” stabilita da chi ha definito le specifiche per il codice html, diciamo piuttosto che, più che una regola, si tratta di una buona capacità dei browser di fare il parsing della pagina web ignorando appunto quello che viene definito il “tag soup” e cioè tag chiusi male, ridondanze di codice ecc.
Sul fatto che pagine scritte con il “tag soup” siano accessibili nutro però alcuni dubbi: è vero, in linea di massima, che un errore formale non invalida l’accessibilità reale di una pagina web, ma se gli errori sono tanti e i tag non sono stati usati in maniera semantica come indicato nelle specifiche del W3C l’accessibilità è sicuramente compromessa.
E’ anche vero che la legge 4/2004 è una legge molto restrittiva e rigida nei confronti degli sviluppi web ma non è altrettanto vero che tale legge disincentiva l’uso della multimedialità privilegiando il contenuto testuale. I contenuti multimediali possono essere inseriti nelle pagine web ma viene richiesto che il contenuto multimediale sia sottotitolato o quantomeno descritto anche in forma testuale per far comprendere, alle persone non udenti da una parte e ai non vedenti per altri motivi, anche quei contenuti.
Concordo sul fatto che le specifiche tecniche della legge 4/2004 debbano essere aggiornate e ben vengano tutte le potenzialità dell’HTML5, resta sempre il fatto che dovrebbe sempre essere buon dovere di un webmaster, al di là della conformità formale a leggi e specifiche tecniche, assicurare che il contenuto pubblicato sul web sia fruibile a tutti gli utenti, anche quelli più sfortunati di noi.