Nella foto uno dei primi laboratori dotati di rete didattica, esposto a Smau 2000 nello stand del MIUR con sullo sfondo la scuola di montagna di Coumboscuro
La Didattica a Distanza è tornata come protagonista del nuovo anno scolastico. Tra sostenitori e detrattori, allo stato attuale rimane l’unico modo per “fare scuola”. Lungi dal voler dare un giudizio che rischierebbe di scivolare nel “bene-male”, in questo breve contributo vorremo definire alcuni punti chiave che ci permettono di dare una lettura del fenomeno, se utilizzato in modo corretto.
Con l’avvento del Covid-19 il mondo è cambiato: la scuola si è spostata nelle case, il lavoro si è trasformato in smart working. Se quest’ultimo è destinato a modificare il mondo del lavoro del prossimo futuro (al netto di costi-prestazioni), per la scuola è diverso. Molti parlano di un ritorno alla “vera” didattica, ovvero quella in presenza, di contatto…tutto vero ma anche la DAD ha degli aspetti efficaci, a patto che sia utilizzata in modo corretto.
Come deve comportarsi un docente che vuole fare DAD?
Non vogliamo qui elencare le regole da seguire (collegarsi alle videolezioni con 5’ di anticipo, chiudere il collegamento dopo gli studenti, ecc.) ma cercare di fare il punto sul momento formativo. Cosa deve fare il docente per aiutare ad apprendere i suoi alunni? In prima battuta diremmo: non deve solo insegnare….
Vediamo come.
1 – Didattica del gessetto, ossia nuova vita alla DidaNet
Qualcuno sicuramente ricorderà la buona e vecchia DIDANET (anche IDMNET, DIDASOFT, ITALC, …) nei laboratori di informatica, “diavoleria” che permetteva di poter vedere contemporaneamente quello che facevano gli studenti sul proprio PC, o condividere il video del docente su quello degli alunni. Era possibile anche proiettare una VHS o un DVD, controllare da remoto i PC degli allievi, parlare in cuffia e perfino oscurare gli schermi. Al tempo questa funzione pareva avere un’aura magica (si parla di circa 25 anni fa), ma oggi la funzione più intrigante di allora – il “gessetto” – torna ad essere utile nella DAD. Tra le varie funzioni, infatti, “passare il gessetto” consentiva di proiettare a tutta la classe il monitor di uno studente, con il suo lavoro: un pezzo di codice, una mappa concettuale, un testo, ecc… oppure consentiva agli studenti a turno di poter lavorare sul PC del docente mentre tutta la classe osservava o collaborava alla riuscita dell’esercizio.
Ebbene con Meet, Teams, Zoom queste funzioni ci sono ancora e possono trasformare in rete didattica una rete geografica sparsa sul territorio! Come? Semplice, durante una videolezione c’è la possibilità di chiedere ad uno studente di condividere il lavoro fatto, un compito o l’elaborato appena assegnato, spostando così il focus dal docente agli studenti. Con la DAD molti docenti hanno pensato che nelle videolezioni si possa solo fare lezione frontale: sbagliato! La lezione frontale può costituire un momento sicuramente fondamentale ma la parte più divertente e magica della lezione è quando lo studente lavora e mostra il suo apprendimento in fieri, argomentando le motivazioni che lo portano a fare delle scelte al posto di altre. E se l’alunno non fa nulla? Semplice, passiamo il gessetto a un suo compagno o chiediamo alla classe di aiutarlo: questo aiuterà lo studente a cambiare atteggiamento e a cercare di essere attivo per le prossime volte.
Basta con una didattica passiva, trasformiamo le videolezioni in attive grazie alla semplice condivisione dello schermo. La richiesta di condividere il proprio spazio di lavoro, la “scrivania” dello studente, ci consente anche di aiutare l’allievo ad organizzarsi meglio, nel tenere ordinato ed efficiente il proprio dispositivo (pc, tablet o volendo anche smartphone) utilizzandolo finalmente per scopi didattici e non solo di intrattenimento. Poter costruire conoscenza in diretta è molto più efficace che guardare, sprofondati nel divano, un prof che parla.
2 – Didattica breve, spiegazioni trailer su contenuti significativi
Se il docente è amante delle lezioni frontali può continuare a farle durante la DAD ma con alcune accortezze. Il momento di spiegazione deve essere contenuto (max 10’), tenendo conto che tale tempo corrisponde anche alla massima attenzione degli alunni. A chi sembrerà poco, tenga presente che le spiegazioni nelle lezioni in DAD sono decisamene più uniformi che in quelle in presenza dato che non ci sono le micro-interruzioni (a nessuno cade la matita per terra, tutti sono fermi, non si sussurra nulla al compagno, non entra personale esterno nell’aula, ecc.). La spiegazione scorre liscia, ma per essere efficace deve essere breve.
Inoltre il docente deve presentare più stimoli e contenuti in un tempo più breve, non accelerando ma scegliendo quelli più significativi, quelli che stimolano la curiosità e l’approfondimento degli alunni, come se si stesse facendo il trailer di un argomento. Le spiegazioni potrebbero proprio essere definite “lezioni trailer” che trasmettono il nucleo fondante e rimandano ad altro per approfondimenti.
Come stiamo vedendo cambia il modello comunicativo: c’è una leggera accelerazione dei contenuti ma parallelamente bisogna rallentare il modo in cui si susseguono le parole dette. Il docente deve pronunciarle bene, con un ritmo sostenuto ma leggermente più lento rispetto alla lezione fatta in presenza. Questo piccolo accorgimento farà sì che la latenza della rete internet sia azzerata.
Quindi riassumiamo così:
- Spiegazioni brevi;
- Contenuti stimolanti;
- Parole pronunciate con ritmo leggermente più lento
E’ ovvio che la spiegazione, se svolta in questa modalità, non possa essere più il centro dell’apprendimento.
Cosa manca per completare il percorso? Un buon sistema di organizzazione dei contenuti da erogare, e veniamo così al terzo punto.
3. Modello didattico degli e-campus
Chi non conosce le università online? Ormai sono diffuse in tutto il mondo e la loro fortuna si basa su un modello che viene utilizzato anche dalle università in presenza, il conosciuto e-learning. Il sistema delle università online si presenta come integrato, completo, strutturato e formativo per un apprendimento step-by-step. Questo non significa che l’apprendimento online sia più efficace di quello in presenza ma solo che, se fatto bene, può raggiungere ottimi risultati.
C’è relazione tra questo mondo e quello della scuola? Molto più di quanto possa sembrare: la DAD per funzionare bene ha bisogno di un buon sistema di e-learning, strutturato a moduli, con obiettivi dichiarati, lezioni, dispense, approfondimenti, test di autovalutazione, ecc. Insomma, tutti gli ingredienti necessari per un aggregatore di strumenti che possa permettere allo studente di fare un percorso formativo, assistito dai suoi docenti curricolari.
Le piattaforme e-learning si sono sviluppate poco dopo le reti didattiche, anticipando il concetto attuale di cloud. Soprattutto agli inizi erano ancora acerbe e incomplete e vennero adottate quasi esclusivamente dagli atenei e dalle agenzie formative. Ora, invece, le piattaforme e-learning sono mature, potenti, efficaci, gratuite, open-source e non soffrono del limite di utenti simultanei tipico delle videoconferenze.
Purtroppo l’emergenza DAD ha spostato l’attenzione quasi esclusivamente sulla videoconferenza, come feticcio tangibile della buona vecchia lezione di una volta; ma, per fare bene la DAD, non possiamo fare a meno di una piattaforma e-learning.
Partendo da questa prospettiva i docenti della scuola curricolare possono compiere un passo avanti: rendere più efficace l’apprendimento, garantendo e potenziando l’inclusività e la personalizzazione.
Dimensioni, queste, su cui la scuola negli ultimi anni ha investito energie e risorse che, con la DAD intesa non come concetto assoluto ed unitario ma come modalità di fruizione, possono essere implementate.
I libri sull’apprendimento online e sull’e-learning oggi hanno una nuova vita…
Mattia Davì, Dario Zucchini