Facciamo formazione e partecipiamo a convegni, seminari e iniziative analoghe a proposito dei dispositivi digitali da vari lustri.
E abbiamo avuto modo di vedere insegnanti cliccare sull’icona del foglio A4 con l’angolo piegato per realizzare ogni singola pagina di un documento.
Dirigenti scolastici salvare ogni singolo documento su un dischetto separato.
Ispettori tecnici accelerare o rallentare il proprio eloquio per sincronizzarsi con slide pre-temporizzate, prodotte da terzi e di cui erano e sempre più affaticato ed evidente ostaggio.
Insegnanti-imprenditori di sé stessi mediante social business candidarsi al Parlamento per liste della sinistra radicale. Senza esito, per altro.
Formatori improvvisati suggerire di usare onde marine come sfondo di caratteri bianchi in diapositive destinate ciascuna a catturare e ricatturare l’attenzione.
Docenti frequentare ondate di corsi, danzando intorno all’ultimo slogan del momento: ForTIC, PNSD, LIM, Animatore Digitale, Scuola Digitale, équipe territoriali, snodi formativi, Team per l’innovazione, Docente Tutor e così via (ma quanti ne abbiamo fatti?), sognando incarichi e riconoscimenti; per poi veder nascere ogni tre anni un nuovo mantra, nuove persone e nuovi obiettivi e dimenticarsi di quanto fatto prima.
Accademici costruire carriere e notorietà reiterando una compiaciuta intra-citazione castale, pratica semi-miracolistica di potenziale moltiplicazione all’infinito delle pubblicazioni sul “digitale”.
Dirigenti scolastici della secondaria di secondo grado girare – contornati dal proprio staff – self-video propagandistici della propria eccezionalità didattica mediante drone fatto levare nel cortile della scuola.
Insegnanti chiedere: “Ma se lo scopo di un masterizzatore non è copiare i CD dell’editoria, a cosa serve?”.
Fazioni di docenti scontrarsi con fiumi di retorica sulla superiorità pedagogica del Logo rispetto al Basic e viceversa.
Presidenti dell’IRRSAE sostenere che l’informatica era il nuovo latino.
Esponenti di una nota azienda produttrice di hardware affermare paternalisticamente che per le scuole dell’epoca bastavano i PC 386SX.
Venditori di lavagne interattive spergiurare che il “pennino elettronico” era infinitamente meglio del touch screen e che il touch screen medesimo non poteva avere un futuro.
Ispettori ministeriali commentare diapositive prodotte da collaboratori che ignoravano che “qual è” si scrive senza apostrofo.
Docenti da tutta italia – iperselezionati – frequentare il corso Teacher.Training@school con la promessa di un incarico specifico come super mega amministratori di rete delle scuole, in tempo per il lancio di Windows 2000 server e con tanto di relativo inquadramento contrattuale (ovviamente mai avveratosi).
Dirigenti scolastici della secondaria di primo grado esaltare prove di esame sostenute da 13/14enni nel periodo del lockdown “duro” presentando filmati realizzati da droni, per i quali sarebbero necessari maggiore età, patente e permessi vari.
Docenti-formatori di una nota scuola della provincia di Cuneo rispondere ad una richiesta di mouse che in quell’istituto si praticava la “vera informatica” (quindi solo tastiera e terminale).
Gli stessi convertirsi qualche lustro dopo al culto di Scratch, linguaggio di programmazione visuale.
Insegnanti di materie umanistiche imprecare contro i logaritmi (anagramma cabalistico di algoritmi) di Facebook per valorizzare la propria ammiccante condivisione della bufala del momento sulla possibilità di loro disattivazione.
Docenti, accademici e scienziati aggirarsi per le scuole di robotica annoiandoci con predicozzi sulle leggi di Asimov e la roboetica (oggi i droni vanno in guerra).
Infine, abbiamo visto nascere centinaia di piattafome eLearning e docenti impegnarsi eroicamente nel realizzare learning object prima con Flash e poi con SCORM, il primo disattivato e il secondo rivelatosi nei fatti troppo complesso.
Grazie,
a tutti e due, anzi tre.
Non so di Dario, ma di Marco quelli che dovrebbero sostenerne e diffonderne il pensiero dicono – spesso per trovare un alibi alle loro contraddizioni o carenze – che è troppo severo e aggiungono: “Ma chi si crede di essere!”.
Ebbene, qui si capisce: è, siete fra quanti (pochi purtroppo) – a proposito dei rapporti fra tecnologia, potere ed educazione – ne hanno appunto visti tanti di rapporti diciamo inadeguati al bene della scuola dell’emancipazione e non all’addestramento senza lasciarvi irretire, corrompere o instupidire.
Ho letto questa vostra cronica dei tempi che abbiamo vissuto con dolorosa partecipazione (potrei scriverne un’imitazione su che cosa ho parallelamente visto nel campo dell’educazione linguistica…).
Sento però l’esigenza di un ultimo (per ora) tratto di questa accidentata e rovinosa strada, proiettato verso il futuro: quello che iniziato qualche tempo, che sta vivendo momenti di gloria ed è ora approdato ai fasti del Piano Scuola 4.0 (dove sguazzeranno le piattaforme di e-learning ricordate nel vostro ultimo capoverso) e più in generale (anche fuori della scuola) alle reazioni spesso scomposte o prezzolate alla sedicente e seducente (visto che l’assistente alla scrittura qui attivo mi ha suggerito queste secondo aggettivo, al posto del primo, di certo più desueto) IA o AI.