L’e-learning che funziona: il vero nemico è la noia

Pubblicato su week.it il 29 gennaio 2002


La formazione a distanza può dare ottimi risultati, a patto che si rispetti la specificità del mezzo, cioè un computer collegato al Web. E che non si abbandoni del tutto il contatto tra allievi e docenti.

La noia. È questo il pericolo maggiore dell’e-learning. Certo, l’incapacità di appassionare e quindi creare distacco è un pericolo che incombe su ogni forma d’insegnamento. Ma l’uso improprio o esasperato delle tecnologie può amplificarlo, come hanno testimoniato di aver vissuto anche sulla propria pelle alcuni tra i maggiori fornitori di infrastrutture e soluzioni di formazione via computer. Morale: la formazione a distanza funziona bene, a patto di rispettare la specificità del mezzo – cioè il computer collegato al Web – senza cedere alla fascinazione di simulare la realtà attraverso video, audio e multimedialità spinta a tutti i costi.
In altre parole, il Pc connesso a Internet è soprattutto uno strumento di elaborazione di dati, di ricerca, di verifica e di comunicazione (tra l’altro più asincrona che sincrona) e non un videotelefono o una tv con un milione di canali. Di conseguenza, è quasi obbligatorio che la formazione a distanza sia accompagnata da un giusto mix di contatto in aula tra allievi e docenti.

Utenti soddisfatti a metà
Sono queste le conclusioni a cui sono giunto dopo aver organizzato per WEEK.it un’animata tavola rotonda su “L’e-learning che funziona” nel contesto della manifestazione Internet Expo. Enrico Camerinelli ha mostrato in anteprima i risultati di una ricerca qualitativa condotta da Meta Group e focalizzata in particolare sull’Italia, da cui è emerso che per essere credibili ed efficaci i vendor devono qualificare il proprio ambito d’offerta, senza pretendere di avere una soluzione unica valida per tutte le esigenze. Inoltre, la ricerca mostra come al momento il settore più carente sia la gestione dei contenuti – considerata buona solo da poco più di metà delle imprese utenti intervistate – molto più che non le tecnologie in sé, i servizi connessi e la gestione delle competenze acquisite.
Insomma, l’offerta non corrisponde in pieno alle esigenze reali della domanda in un settore che, pur nelle difficoltà generali del momento, continua a patire pochissimo la crisi.

Tre domande fondamentali
Camerinelli inoltre pone l’accento sul concetto che l’e-learning è un sistema che ha un forte impatto organizzativo sull’infrastruttura dell’azienda utente; e che funziona solo se questa lo comprende e lo accetta fin dall’inizio, adeguandosi. La peculiarità dell’e-learning, secondo Camerinelli, sta proprio nell’interazione a distanza, altrimenti i corsi su Cd vanno benissimo. Ed è su questo aspetto che chi fornisce formazione deve puntare, tenendo conto che sul Web le aspettative si alzano inevitabilmente. Al di là dei dati presentati, l’incontro voleva rispondere a tre domande fondamentali. Primo, è possibile un e-learning “puro” o serve un giusto mix di formazione a distanza e presenza in aula? Secondo, ci sono contenuti che meglio di altri si prestano alla formazione a distanza? E infine, la multimedialità e la conseguente necessità di banda larga aggiunge valore alla formazione o è più che altro un gadget?
Il primo segnale d’allarme sulla “noia” suscitata proprio dall’abuso di multimedialità l’ha lanciato Cinzia Mascanzoni, responsabile marketing di Oracle University: “Non solo io direttamente ma tutti noi in Oracle abbiamo constatato che un uso intenso di audio e video ha un forte impatto iniziale, diciamo nei primi 15-20 minuti, per poi sprofondare l’allievo in una situazione passiva e quindi di noia, di distacco dalla lezione. Molto positiva invece è la creazione anche spontanea di gruppi di allievi, magari distanti tra loro migliaia di chilometri, che discutono e si aiutano a vicenda attraverso meccanismi simili a quelli dei gruppi di discussione o delle mailing list”.
E per certi versi anche il meccanismo della chat, che raccoglie docenti e allievi in una discussione “in diretta”, corre il rischio di diventare confusivo se non viene coordinato e se raccoglie un numero troppo alto di partecipanti, sopra ai 10-15. All’inizio, secondo Mascanzoni, che ha ammesso un “atteggiamento ipercritico di partenza” da parte di molti dei 52.000 dipendenti della software house, anche nel miglior modulo di formazione on-line pare che nulla funzioni. Ma se il corso e le modalità di fruizione sono ben concepite, poi tutto funziona a meraviglia.

Infrastruttura e organizzazione
Molto simile la reazione di Andrea Pirone, program manager della Networking Academy di Cisco, che ricorda con sgomento un corso di alcuni anni fa sulla configurazione di router: “Delegare tutto all’apprendimento a distanza, anche o forse proprio su materie molto tecniche, dà pessimi risultati specie in termini di attenzione. La nostra esperienza ci dice che circa il 60% della formazione può essere effettuata a distanza, mentre il restante 40% richiede una presenza fisica, un confronto diretto tra più persone davanti ad apparati complessi alti un metro e mezzo o due. Insomma, l’on-line è uno strumento che non sostituisce la formazione tradizionale, ma che l’affianca. E che, per essere accettato, richiede l’accettazione di un profondo cambiamento organizzativo prima ancora che tecnologico”.
Cisco sottolinea l’importanza di un’infrastruttura efficiente, la possibilità di verifiche e test ravvicinati e il confronto costante e diretto tra vari gruppi. Altro problema: localizzare i corsi oppure no? Secondo l’esperienza di Cisco, su moduli prettamente tecnici funziona meglio l’inglese e per i Paesi non anglofoni la localizzazione consiste nella traduzione in un cosiddetto “continental english” , estremamente semplificato.

Tracciamento dei risultati
D’accordo sul fatto che la simulazione multimediale della realtà non è un elemento fondamentale è anche Marco Cassi, direttore di Academy365, joint-venture paritetica tra Mondadori Informatica ed Ebiscom: “Inizialmente eravamo partiti con l’obiettivo di creare contenuti formativi che sfruttassero appieno le potenzialità della banda larga. Poi, in attesa della sua diffusione, abbiamo realizzato una serie di corsi pienamente fruibili attraverso le attuali infrastrutture Internet e devo dire che i risultati sono più che soddisfacenti. Ciò non significa che non proseguiremo sulla strada della multimedialità, ma non ci sembra una condizione indispensabile: l’importante è che i contenuti siano centrati, ben strutturati e che la piattaforma sia solida”.
Quanto alla noia, secondo Cassi il rischio c’è sia in aula sia sull’on-line: “Ci sono corsi fatti bene e altri fatti male. Ed è un errore grave pensare che basti un docente brillante o che un libro eccellente si possa tradurre in un buon corso on-line: l’importante è che il corso non sia una trasposizione di qualcosa di esistente, ma sia stato pensato fin dall’inizio apposta per l’on-line”.
Fondamentale infine è che la piattaforma consenta un tracciamento costante dei risultati e dei percorsi seguiti dagli allievi, in modo che l’azienda utente si renda conto in modo molto pratico dei ritorni e dei benefici dell’investimento tecnologico effettuato. Cosa che, in questi tempi di estrema focalizzazione dei budget, è addirittura un must.

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