Open source: libero accesso al codice sorgente, ovvero risparmio (non si pagano più le licenze), e progresso, inteso come libertà di scelta e conoscenza, soprattutto per i paesi meno ricchi e sviluppati.
E’ la rete che diventa democratica, ma anche la rottura del monopolio naturale dei produttori di software chiuso. Giacomo Cosenza, genialoide milanese fondatore di Sinapsi, appassionato di tutto ciò che riguarda tecnologia e Internet, per l’open source ha una vera passione.
Il metodo in sostanza è simile a quello di quando si scaricava musica da Napster, senza pagare nulla, prassi cui le case discografiche hanno fatto guerra ottenendone la dichiarazione d’illegalità. L’open source non ha barriere. Consente legalmente (a differenza di Napster) di accedere a sistemi che prima venivano venduti soltanto chiusi quindi senza codice sorgente, e di poterli utilizzare, magari apportandovi delle modifiche e studiandoli. Non solo: dà all’utente anche la possibilità di scaricare soltanto il prodotto del quale si ha bisogno senza nessun obbligo di acquisto di pacchetti con programmi inutili.
Ma oltre ad essere una forte innovazione tecnologica, l’accesso al codice sorgente ha anche una valenza sociale: «Utilizzarlo vuol dire conoscerlo, far crescere la competenza, e l’innovazione. A beneficiarne è il sapere locale e l’economia domestica, dove la fonte aperta sancisce la fine del mercato delle licenze. Se diamo un’occhiata alle società quotate al Nasdaq basate sui servizi erogati attraverso l’open source, vediamo che il business è triplicato».
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La Repubblica, Affari e Finanza, lunedì 23 febbraio 2004