Storia minimale di un insegnante a una manifestazione preolimpica.
Chi mi conosce sa che non sono mai stato uno sportivo (male!) né un tifoso (a parer mio: bene!), potete quindi immaginare con quale libidine ieri ho accompagnato una classe a un incontro di hockey su ghiaccio. Unico punto di interesse è che era un incontro per le paraolimpiadi e quindi fra atleti disabili.
Ne sono uscito rafforzato nella convinzione espressa dal grande Carmelo Bene che definì (citazione a braccio) il tifoso come un potenziale delinquente. In questo caso però ciò che mi ha turbato non sono stati i ragazzini più o meno tifosi, ma l’organizzazione del consenso tifoso!
Da altoparlanti mostruosi (le tecnologie non mancavano) un demente incitava a ogni piè sospinto a urlare e dimenarsi con frasi del tipo “Torino ci sei? Fa sentire che sei calda!â€? (e già il comitato olimpico ci ha bacchettato come città gelida nei confronti delle olimpiadi); “Ragazzi urlate forza Italiaâ€? (suona anche di parte ahimé), “un grande caldo applauso per la Repubblica Cecaâ€? (comunque i cechi ce le hanno suonate 4 a 0). Quando poi ha tentato di far fare l’ola (non so neppure cosa sia) non ci è riuscito, evidentemente anche i nostri dementi ragazzetti ne avevano abbastanza.
Per la verità qualche scalmanato c’era: maestre che avevano pitturato le facce dei bimbi (piccoli, molto piccoli) con il tricolore o organizzato una sorta di balletto, ragazzine delle medie che si erano attrezzate simil ragazze pon pon (molto poche per la verità ).
Intanto qualche professore dall’espressione goduta fotografava i suoi ragazzini urlacchianti, e molti alunni mangiavano beati patatine e schifezze varie acquistate al bar spargendo le cartacce in giro. A ogni minima interruzione di gioco (ad es. il tempo di mettere il dischetto al suo posto per riprendere il gioco) l’altoparlante vomitava una frazione di musica bestiale forse per evitare che nel silenzio a qualcuno si accendesse il cervello.
Dimenticavo che all’entrata ci hanno fatto passare al metal detector vuotando le tasche (ho rimpianto il protagonista del pesce di nome Wanda quando lancia il revolver sopra al marchingegno e lo riacchiappa dall’altra parte!) e sequestrando i tappini delle bottigliette di plastica potenziali armi da lancio. Il tutto condito da grande dispiegamento di forze dell’ordine, organizzatori, volontari e non so cos’altro.
Conclusioni: sensazione di essere in uno stato di polizia e soprattutto in una civiltà (ma bisognerebbe coniare una parola nuova) di dementi e in una città in cui si vuole a tutti i costi addestrare all’evento olimpico con relativo business.
Uscito incazzato e mezzo sordo ho scoperto che i miei ragazzini di prima avevano capito una cosa fondamentale: la nostra squadra ha perso perché c’era un numero maggiore di atleti paraplegici mentre nell’altra ce n’erano di più senza gambe e quindi erano meno ingombranti e più veloci! Ho proposto loro di provvedere personalmente a renderli atleti così fortunati e veloci.
E già , io non sapevo come si svolgono queste competizioni e continuo a restare ignorante perché in tanto casino non sono state spese due parole per descrivere e spiegare le azioni del gioco e non penso proprio che le migliaia di studenti presenti ne fossero perfettamente a conoscenza