Tornano l’emergenza e il ricorso alla DaD (Didattica a Distanza) in molte zone d’Italia, come misura estrema – e tardiva – di contenimento dei contagi.
La Circolare prot. U.0000343 del 4 marzo scorso del Dipartimento per il Sistema Educativo di Istruzione e Formazione del Ministero dell’Istruzione, richiamante una precedente del novembre 2020, spiegava che in caso di ricorso alla didattica a distanza si sarebbero garantite comunque le lezioni in presenza per i figli di genitori occupati in specifiche attività lavorative strategiche, come il personale sanitario.
Dopo alcuni tentativi anche lodevoli di alcune scuole di continuare ad ospitare i figli dei KeyWorker arriva però la precisazione del ministro: Con la nota del 7 marzo del ministero dell’Istruzione viene chiarita la questione della frequenza a scuola in presenza dei figli del personale sanitario e altre categorie di lavoratori “essenziali”.
“non trovano applicazione le altre fattispecie richiamate nella nota AOODPIT del 4 marzo 2021, n. 343 e non contemplate nel decreto del Presidente della Giunta Regionale, 5 marzo 2021, n. 33, adottato in conformità al nuovo dPCM, a cui dunque siete pregati di attenervi“
La risposta cancella pertanto ogni dubbio e torna a restringere i margini della didattica in prossimità. Ciò implica per i genitori l’impossibilità di appellarsi a questa opportunità, dovendo invece garantire ai figli la strumentazione hardware, software e di connettività richiesta dalle scuole per seguire le lezioni.
trova applicazione unicamente l’art. 43 del DPCM 2 marzo 2021, nella parte in cui dispone: “resta salva la possibilità di svolgere attività in presenza qualora sia necessario l’uso di laboratori o in ragione di mantenere una relazione educativa che realizzi l’effettiva inclusione scolastica degli alunni con disabilità e con bisogni educativi speciali, secondo quanto previsto dal decreto del Ministro dell’istruzione n. 89 del 7 agosto 2020, e dall’ordinanza del Ministro dell’istruzione n. 134 del 9 ottobre 2020
Quindi è ancora possibile usare i laboratori e anche svolgere attività per l’inclusione scolastica in presenza; ma, a pochi giorni da una sempre più probabile zona rossa, bisognerà progettare con prudenza gli interventi e chiedersi se servono veramente o se sono solo atti dimostrativi (per dimostrare cosa? e a chi? mi piacerebbe davvero saperlo o almeno immaginarlo).
Voglio essere davvero sincero fino in fondo: in questi giorni ho per altro trovato veramente squallido leggere sui giornali di proteste e titoli tipo “Scuole chiuse; mio figlio dove lo lascio?” “Non sappiamo a chi lasciare i figli“; “Questa casa non è una scuola“.
Cosa fa più male a un fanciullo? Infettarsi con la variante inglese? Seguire lezioni a distanza? O piuttosto sentirsi un pacco ingombrante, da sbolognare da qualche parte? Da recapitare a scuola a farsi re…(oops!) includere per 8 ore al dì?
Una comunità sempre più frantumata di adulti individualisti e utilitaristi allo sbando e una società deteriorata aggrediscono e avvelenano quotidianamente una intera generazione, considerata già dalla tenera età sregolato e indolente impiccio.
Non è la “DAD” il problema principale; e neppure il Covid.
Questo non è (più) un Paese per giovani.